Vi riporto alcuni aggiornamenti sull’attualità politica egiziana che mi paiono rilevanti. Il risultato elettorale ha messo in difficoltà chi sperava in una risultato più laico e pluralista, dopo un anno di rivoluzioni. Ma la vitalità politica e il susseguirsi delle battaglie per i diritti dimostra che per molte persone la democrazia è già una realtà, che si afferma proprio nel processo di contrasto ai poteri forti vecchi (l’esercito) e nuovi (la maggioranza parlamentare di area islamica).
Rispondo allora a diversi dubbi che vengono espressi dalle persone che si interessano delle rivoluzioni arabe in questo momento, a mo’ di piccola premessa.
Per i processi politici ci vuole tempo, certamente (quanto durerà il berlusconismo in Italia?). Ma noi ci auguriamo che vengano trovate soluzioni e risposte in primo luogo per le persone che fanno fatica a procurarsi da mangiare, a curarsi, a pagarsi qualche raro momento di ricreazione, o un viaggio per andare a trovare i propri cari. Quello che la democrazia perfetta può aspettare (o quello che noi italiani e occidentali ci aspettiamo ”dagli arabi”), non lo possono aspettare quelle persone. Certo sarebbe meglio che il voto politico non fosse strumentalizzato facendo leva sull’indigenza di tanti. Ma proprio per questo, la priorità della rivoluzione è sostenere le persone che si trovano nelle condizioni più difficili con battaglie fondamentali, non sprecare energie in giochi politici. E questo gli egiziani lo sanno meglio di noi, ci stanno provando e pagando ancora un prezzo molto alto. Meritano rispetto e abbiamo molto da insegnarci a vicenda. Come dice Ossama nel nostro documentario: “Se sono affamato, non c’è democrazia…”.
Un ricostituente per l’assemblea?
Se l’Assemblea Costituente in Egitto fosse variegata e variopinta come questi striscioni celebrativi del 25 Gennaio, primo anniversario dell’inizio della rivoluzione (foto di Zeinab Mohamed), non ci sarebbero delle defezioni di massa di deputati e personalità indipendenti che, dopo essere stati nominati alla Costituente dall’attuale Parlamento, si stanno ritirando uno dopo l’altro. Si ritirano le persone che sono espressione dei movimenti di area laica, liberali (e liberista) e socialista, criticando il fatto che l’assemblea sia dominata dall’influenza dei partici islamici (Horréia u el Adàla “Libertà e Giustizia”, ovvero i fratelli musulmani, e Al Nur ”La Luce”, partito dei salafiti).
Il dibattito in corso è facilmente comprensibile, ma assolutamente fondamentale: una nuova costituzione deve includere tutte le anime, le comunità dell’Egitto impostando un nuovo rapporto tra i cittadini e lo stato. La costituzione deve guardare molto più avanti, oltre l’orizzonte limitato di qualche legislatura, perchè deve articolare diritti e doveri per molte generazioni di egiziani: deve tenere conto di radici culturali antiche e diverse in seno al popolo egiziano, consuetudini importanti che influenzano l’economia e la democrazia, così come sintetizzare i cambiamenti avvenuti negli ultimi decennio; allo stesso tempo, la nuova costituzione deve considerare con attenzione anche il panorama del mondo al di fuori dell’Egitto, per valutare di quali esperienze fare tesoro, a quale profilo di cittadino richiamarsi e quale invece lasciare da parte.
Un lavoro immane, irrealizzabile se si guarda l’Egitto e il mondo da un unico punto di vista. E sorgono molti dubbi sul fatto che i punti di vista in campo siano pochi e simili tra loro :
- l’Assemblea Costituente è nominata dal Parlamento (e costituita per il 50% da deputati e per il 50% da persone della società civile, dove i fratelli musulmani sono ancora il movimento maggioritario)
- il 65,3% dei punti di vista del Parlamento recentemente eletto fanno esplicito riferimento alla dottrina islamica nella politica (seppure con un grado di ortodossia molto variabile: 37,5% dei seggi sono di ”Libertà e Giustizia” e 27,8% dei seggi sono occupati dal partito de “La Luce”) .
Molti speravano che i fratelli musulmani non si sarebbero allargati nella Costituente, ma per il momento le attese paiono deluse ed è partito il boicottaggio della costituente a suon di dimissioni. Dall’Italia, non possiamo che stare a vedere e auguraci che si formi una Costituente più soddisfacente per tutti gli egiziani.
Nota: nel frattempo continuano le registrazioni dei candidati per la Presidenza della Repubblica, la lista ufficiale è pubblicata qui e ci sono forse già tutti i grandi concorrenti, ma la commenteremo in un’altra occasione.
Il sindacato unico una buona idea? Forse, ma quando è imposto è una pessima iniziativa
Chi dà fastidio ai militari in Egitto rischia grosso, la rivoluzione lo ha dimostrato in tutte le occasioni. Se poi oltre a toccare gli interessi politici dell’esercito, si toccano direttamente anche quelli economici, la reazione non si fa aspettare: secondo una notizia riportata da SocialistWorker, basata su una dichiarazione di una sigla sindacale egiziana (Egyptian Federation of Independent Trade Unions, nata nel Gennaio 2011), cinque lavoratori della società portuale (legata alla distribuzione del petrolio egiziano) Somid Company Port di Ain Sokhna sono stati arrestati per aver scioperato chiedendo contratti meno precari e saranno processati da un tribunale militare! A differenza delle poste o di altre realtà produttive, il business della produzione e del trasporto del petrolio in Egitto è controllato in larga parte dalle gerarchie militari, che mal tollerano qualsiasi ingerenza. Non sono riuscito a verificare ulteriormente la notizia, che parla anche di torture inflitte a questi cinque lavoratori (temo che la fonte sia affidabile, purtroppo).
Gli scioperi in Egitto si susseguono numerosi, domani 31 Marzo è stato indetto uno sciopero nazionale da alcuni sindacati degli insegnanti, che chiedono di destinare una spesa del 6,5% del PIL a sostegno dell’istruzione pubblica (“gli insegnanti non sono commercianti e gli studenti non sono clienti” si legge nel comunicato, che richiama il ruolo dello stato nell’istruzione pubblica).
In questo clima, quasi a farlo apposta, il Parlamento ha presentato un disegno di legge per imporre la presenza di un sindacato unico. Cioè i lavoratori di un’azienda, per esempio, dovranno scegliere di essere rappresentati da un solo sindacato tra quelli esistenti. La scelta avverrebbe per votazione una volta ogni quattro anni almeno. I sindacati esclusi che tentassero di riaffermare in qualche modo il loro supporto ai lavoratori rischieranno il sequestro delle loro strutture e lo sciogliemento delle loro organizzazioni. L’obiettivo di questa mossa sembra quello di favorire il sindacato “di stato” a discapito di quelli indipendenti nati dopo la rivoluzione… Che dire, sotto certi punti di vista un sindacato unico sarebbe desiderabile, ma solo quando fosse scelto autonomamente dai lavoratori. Non sembra essere la volontà degli egiziani attualmente! Per nulla!